CHIESA DI SANTO STEFANO
Chiesa di Santo Stefano
Stráda dala Gésa
6822 Arogno
La chiesa di Santo Stefano, vicina all’ossario e al cimitero, è collocata in posizione leggermente isolata dal centro abitato (Fig. 1). Il suo aspetto attuale è frutto di diversi ampliamenti che vengono realizzati a partire dal 1581, quando la parrocchia di Arogno si separa da quella di Riva San Vitale: vengono erette le cappelle della Madonna del Rosario e dei Re Magi, viene costruita la volta e spostato il fonte battesimale a sinistra del portale d’entrata.
La trasformazione degli spazi in chiave barocca inizia dal 1625 con la decorazione della cappella del Rosario (1625-1640), seguita dalla ristrutturazione del coro (1639), dalla decorazione della cappella dei Re Magi (1640-1645), dalla costruzione della cappella di Sant’Antonio da Padova (1653-1654) e dall’erezione della cappella del Suffragio (1682-1688). I dipinti murali di questa cappella e quelli sulla volta del presbiterio, realizzati intorno al 1728, sono attribuiti a Luca Antonio Colomba (1674-1737)1. Ottocenteschi sono invece il nuovo altare maggiore (pre-1838)2 e l’abside decorata da stucchi di Massimo Cometta di Arogno (1810-1900) donati nel 1839, come attesta l’iscrizione posta nell’intradosso dell’arco. Nel corso del Novecento la chiesa ha avuto diversi interventi di restauro sia all’interno (1955-1956) sia sulla facciata e campanile (1991-1993, lavori coordinati dall’architetto Tita Carloni).
Ricordiamo che Santo Stefano è stata la chiesa parrocchiale di importanti famiglie di artisti (tra cui gli Adamo, i Colomba, gli Artari, i Cometta, i Consiglio e gli Stella) che, secondo una diffusa consuetudine, hanno voluto onorarla realizzando al suo interno preziose opere d’arte. Qui sono stati particolarmente attivi i pittori e gli stuccatori della famiglia Colomba.
Cappella del Rosario
La cappella, fondata nel 15813 da Giovanni Stella, fu ricostruita e ampliata nel 1625 per volere dei Confratelli del Santo Rosario4 grazie ad un lascito testamentario di sessanta scudi, usato per «li stucchi della capella … fatti dal detto Colomba»5 (Fig. 2, 3, 4). La firma dello stuccatore, Giovanni Antonio Colomba (1585-1650), e la data di conclusione dei lavori sono segnate nelle cartelle in stucco sorrette da una coppia di putti collocate sotto la trabeazione delle pareti laterali (si veda a sinistra la scritta «I[ohannes].A[ntonius].C[olomba]. / F[ecit]» e a destra «ANNO / MDCXXX») (Fig. 5, 6). Le statue in stucco a tutto tondo ai piedi dell’arco trionfale rappresentano due Santi per cui era molto vivo il culto popolare, San Rocco (Fig. 7, 8), invocato contro le catastrofi naturali e le malattie, e Sant’Antonio Abate (Fig. 9), protettore degli animali domestici. In queste due statue è evidente una certa severità nel trattamento dello stucco, con uno strato di finitura in marmorino molto lavorato e schiacciato che porta inevitabilmente ad una durezza espressiva della materia.
Sul cornicione sono rappresentati i profeti Geremia, Isaia (ora purtroppo molto alterati da precedenti restauri), Davide e Salomone (Fig. 10, 11). Sulla sommità dell’arco è posta invece la Madonna del Rosario (Fig. 12), a cui è dedicata la cappella. Tra le figure ci sono delle differenze: se alziamo lo sguardo verso la parte superiore del timpano notiamo che nella Vergine e nei due Angeli musicanti il carattere dello stucco cambia (Fig. 13). Le pose sono molto più morbide, dinamiche e realistiche, i panneggi hanno la morbidezza della stoffa. Le figure sono ricche di pathos e invitano alla devozione. Non sappiamo però se questa particolare espressività sia dovuta all’intervento diretto di Colomba o ad una particolare attenzione dei suoi collaboratori.
Davide e Salomone sono invece stilisticamente vicini a San Rocco e Sant’Antonio: hanno le stesse fattezze, le stesse rigidità, quasi fossero intagliati nel legno. Gli angeli del voltino e i quattro putti delle pareti laterali che reggono i cartigli con la data e la firma dell’autore hanno pose molto naturali, sono molto espressivi e vivaci con lo sguardo rivolto all’osservatore.
I dettagli decorativi di questa cappella si sviluppano sulle pareti in modo fluido e organico, dimostrando l’abilità dell’artista che li ha concepiti nella gestione dello spazio e delle proporzioni. Nelle cornici e nei cartigli si possono osservare motivi decorativi antropomorfi, di sapore tardomanierista (Fig. 14).
Arco trionfale e coro
Gli stucchi del coro sono stati eseguiti nel 16406. Si può supporre che il loro autore sia Giovanni Antonio Colomba: gli apostoli Pietro e Paolo sui piedritti ai lati dell’ingresso del presbiterio (Fig. 15, 16, 17), il gruppo dell’Annunciazione sulla sommità dell’arco trionfale (Fig. 18, 19), i quattro Dottori della Chiesa (Fig. 20, 21, 22)
nei lunettoni sulle paretilaterali e la cornice dei due grandi dipinti murali laterali con episodi della vita di Santo Stefano (Fig. 23), mostrano strettissime similitudini stilistiche e formali, oltre che tecniche, con gli altri stucchi della chiesa ed in particolare con quelli della cappella del Rosario.
I due apostoli sono opere di grande qualità, accurati nella postura dinamica e nei dettagli, nonostante alcune rigidità. Un carattere nordico è evidente nella stilizzazione dei panneggi, quasi taglienti. La qualità tecnica con cui sono stati realizzati è molto alta, e si apprezza soprattutto nei dettagli delle mani. Il Colomba si dimostra qui un maestro dell’arte dello stucco.
Cappella dei Re Magi
La cappella dei Re Magi (Fig. 24), collocata di fronte a quella del Rosario e simile a questa per dimensioni e struttura architettonica, è stata costruita nel 16407. Non rimane molto della decorazione originale: i pochi stucchi, coevi a quelli del coro ma pesantemente reintegrati nel corso dei passati interventi di restauro, sono da ricondurre alla bottega di Giovanni Antonio Colomba.
La pala d’altare con l’Adorazione dei Re Magi è di Isidoro Bianchi di Campione, mentre i due dipinti murali delle pareti laterali (Fig. 25, 26)
(Visita dei Re Magi e Re Magi consultanti le Sacre Scritture) sono di Giovanni Battista Colomba (1717-1801), eseguiti nel 1799 «aetatis suae 82», cioè quando l’artista aveva ottantadue anni. La cornice in stucco dei due reliquari ovali è dello stuccatore intelvese Diego Carlone (1727-1728) (Fig. 27, 28, 29).