Descrizione Tecnica
Chiudi

CHIESA DI SANT’EUSEBIO

Chiesa di Sant’Eusebio
Via alla Chiesa 12
6874 Castel San Pietro

La parrocchiale di Sant’Eusebio è una chiesa a navata unica con quattro cappelle laterali e un profondo presbiterio a emiciclo (Fig. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8). L’edificio originario è documentato almeno dal 1270, ma l’aspetto attuale si deve ad un progetto di Agostino Silva (1628-1706) messo in opera tra 1678 e la consacrazione, avvenuta nel 1684.

Opera
Stuccatore
Data

La decorazione interna si protrae per almeno un secolo, con gli interventi di importanti pittori e stuccatori come Giovanni Battista Barberini (1625-1691/92) e Agostino Silva – che realizzano qui due capolavori – Carlo Innocenzo Carloni (1687-1775) e Francesco Pozzi (1704-1789) a cui si devono il rinnovo del coro e della facciata. Allo stuccatore Antonio Carabelli di Obino (1648-1694) spettano probabilmente le decorazioni della navata, compresi i Profeti ad altorilievo sugli archi delle cappelle.
Sono successivi, e realizzati con modalità tecniche differenti, gli apparati della cappella delle Anime Purganti – per cui nel 1722 sono pagati gli stuccatori Pietro Pozzi di Castello (1718-?) e Carlo Francesco Moresco di Somazzo (documentato tra il 1738 e il 1770 circa) – (Fig. 9, 10, 11, 12, 13) e di Sant’Antonio, verosimilmente decorata dagli stessi artisti, con puttini a stucco collocati nella parete di fondo degni di nota. La loro posizione, staticamente molto azzardata, ha richiesto una grande perizia nella costruzione degli ancoraggi e complesse armature di sostegno (Fig. 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22).
Nel primo Novecento gli interni di Sant’Eusebio hanno subito un pesante restauro che ha mascherato le superfici originali degli stucchi. Con i lavori più recenti, terminati nel 2022, si è cercato per quanto possibile di mantenere le tracce dei diversi interventi, dando una lettura ordinata alle superfici1.

Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
Fig. 4
Fig. 5
Fig. 6
Fig. 7
Fig. 8
Fig. 9
Fig. 10
Fig. 11
Fig. 12
Fig. 13
Fig. 14
Fig. 15
Fig. 16
Fig. 17
Fig. 18
Fig. 19
Fig. 20
Fig. 21
Fig. 22

Cappella della Madonna

Silva Agostino e bottega

Nonostante nei registri contabili manchino i pagamenti agli artisti, l’altare della Madonna è stato probabilmente realizzato da Agostino Silva e dalla sua bottega su commissione della famiglia Turconi, che deteneva il patronato di questa cappella. I lavori si svolgono in due fasi: altare e pareti vengono terminati nel 1685 (la visita pastorale di quell’anno la descrive già stuccata), mentre la volta viene decorata tra il 1704 e il 1705 (Fig. 23, 24, 25, 26). Ad Agostino sono riconducibili le statue di San Gioacchino e San Giuseppe che fiancheggiano l’altare (Fig. 27, 28), mentre al figlio Gianfrancesco (1660-1738) e ad un suo collaboratore spettano probabilmente la mostra dell’altare e la decorazione della volta2. Non sono invece noti i nomi degli artisti che si sono occupati delle pitture.
Al cuore del ricco apparato è posta la nicchia con l’Assunta (1686) attribuita a Gampietro Lironi (1624-1692). Questa scultura lignea è circondata da uno scenografico sistema di tendaggi – in parte dipinti e in parte in stucco policromo – che si ritrova anche in altre opere di Agostino Silva. Le due colonne tortili dipinte a finto marmo reggono la cornice sui cui si appoggiano Davide e Salomone (Fig. 29, 30). I due re di Israele richiamano, insieme alle figure del padre e del marito della Vergine, la genealogia di Gesù. Lo Spirito Santo, che allude invece al concepimento virginale, è dipinto nella cimasa chiusa superiormente da un timpano centinato con putti e cherubini.
Al centro della volta a botte è rappresentata l’Assunzione della Vergine; negli ovali laterali vi sono due episodi dell’infanzia di Maria dipinti in finto bronzo dorato e presentati da una coppia di puttini in stucco con fiori e rami di palme (Fig. 31).
Sopra la trabeazione, la finestra è incorniciata da cariatidi, mentre ai lati sono dipinte due Sibille che, insieme ai profeti, hanno previsto l’avvento e l’incarnazione del Figlio di Dio da una Vergine.
Nelle pareti laterali (Fig. 32), altri episodi della vita della Vergine sono narrati nelle tele e nelle lunette a bassorilievo che le sovrastano. Una ghirlanda di fiori sostenuta da puttini completa la decorazione, mentre la balaustra marmorea che cinge la cappella è del 1746 circa.

Fig. 23
Fig. 24
Fig. 25
Fig. 26
Fig. 27
Fig. 28
Fig. 29
Fig. 30
Fig. 31
Fig. 32

Cappella del Crocifisso

Barberini Giovanni Battista

I lavori per la decorazione della cappella cominciano nel 1688 e durano circa due anni. Le spese sono a carico del Patriziato e vengono rendicontate in modo puntuale nei registri dell’Archivio Patriziale. Dalla loro lettura ricaviamo in modo preciso i tempi e alcuni aspetti dell’organizzazione del cantiere. Sappiamo per esempio che nel 1688 arrivano circa quattro carri di sabbione dalla «valle di Coldrè» (valle di Coldrerio) e altri quattro di «sabbione sottile»; tra il 1689 e il 1690 i muratori lavorano circa sessantuno giorni (ad una lira e mezza al giorno); mastro Bartolomeo viene pagato tre lire per le «sagome» fatte per gli stuccatori (probabilmente degli stampi), mentre i garzoni sono pagati per circa centoventi giorni di lavoro (ricevendo meno di una lira al giorno).
Il cantiere decorativo vero e proprio inizia nel 1690. Quell’anno sono pagati il pittore Pietro Bianchi (159 lire) e lo stuccatore Giovanni Battista Barberini di Laino (250 lire) con il suo garzone, Paolino Valsangiacomo.
I registri danno anche puntuali informazioni sui materiali acquistati per la realizzazione degli stucchi, indicandone quantità e provenienza. Anche in questo caso, come per la navata, la calce proviene da Riva e da Cantone, mentre il gesso e la polvere di marmo sono acquistati a Como o «dal borgo», probabilmente Borgovico, nei pressi della città. Da notare che il costo del trasporto è quasi pari a quello del materiale. È poi significativa la spesa (di centododici lire) per il ferro, ovvero per tutto quel materiale metallico impiegato per la realizzazione delle armature.
Il Barberini modella una Crocifissione costruita intorno ad un Crocifisso ligneo policromo attribuito a fra Giovanni da Reggio Calabria, acquistato a Como nel 1690 e abilmente inserito nella scena: la Vergine, svenuta, è assistita da Maria di Cleofa e da un’altra pia donna; Maddalena, inginocchiata, abbraccia la Croce mentre San Giovanni osserva con pietà il corpo di Cristo (Fig. 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39). Ai lati dell’altare marmoreo settecentesco, appoggiati a mensole e sovrastati da uno scenografico gruppo di nuvole animato da angeli e cherubini, vi sono i martiri San Defendente e San Fermo, a cui la popolazione locale era particolarmente devota (Fig. 40, 41, 42). I dipinti murali della volta sono realizzati subito dopo da Pietro Bianchi, mentre verso la fine del cantiere i ponteggi sono rimontati per l’«indoratore» di cui i documenti non specificano il nome. Le tele sulle pareti laterali sono invece realizzate nel secolo successivo da Domenico Pozzi (1745-1796).
La cappella ha subito due restauri novecenteschi che hanno purtroppo in parte alterato lo strato di lisciatura dello stucco, e uno più recente, che ha cercato di rimuovere tutti gli strati incoerenti ripristinando quanto più possibile le caratteristiche materiche e cromatiche originali.

Fig. 33
Fig. 34
Fig. 35
Fig. 36
Fig. 37
Fig. 38
Fig. 39
Fig. 40
Fig. 41
Fig. 42