Casella Alessandro

Alessandro Casella nasce a Carona nel 1596. Carona è il paese d’origine di molti architetti, scultori, stuccatori e «picapietra» che dalla seconda metà del Cinquecento si muovono su un raggio amplissimo in tutta Europa grazie a un sistema di botteghe familiari molto ben strutturato. Alessandro è figlio di Giovanni Antonio, del ramo dei Casella del Pozzo, e nipote dello scalpellino Alessandro. Nel 1617, a poco più di vent’anni, sposa Violante, figlia dello scultore Pompeo Solari del Curto. I primi lavori sono documentati due anni dopo: Casella lavora insieme a Bernardo Bianchi di Campione su due cantieri pressappoco contemporanei, ad Albosaggia (nella cappella di San Carlo in Santa Caterina) e a Ponte in Valtellina (nel presbiterio di Santa Maria di Campagna). I due stuccatori continuano a lavorare insieme in alcune delle più importanti chiese della media e alta Valtellina per più di un decennio, in edifici che in quegli anni venivano rinnovati spesso su progetto dell’architetto di Carona Gaspare Aprile, come nella collegiata di Sondrio (tra 1622 e 1623) e in San Martino a Castione Andevenno (1623-24 e 1626, e ancora dal 1628 al 1629). Il decennio termina con l’impegno più imponente, purtroppo solo parzialmente conservato, nel santuario della Madonna della Neve e San Carlo a Chiuro, iniziato nel 1628 e probabilmente interrotto per l’arrivo della peste. In Valtellina emerge gradualmente la capacità di Casella di utilizzare un ampio ventaglio espressivo, soprattutto nella modellazione delle figure. Per queste abilità è coinvolto in alcuni commissioni ducali a Torino a partire dal 1634. In Piemonte gli è riconosciuta un’abilità da scultore – e come «schultur» si firma al Carmine di Invorio nel 1642 – culminata con i lavori negli apparati a stucco del Castello del Valentino, portati avanti per tutta la seconda metà degli anni Quaranta e conclusi dal figlio Carlo. Contemporaneamente lascia nel paese natale prova delle proprie capacità negli stucchi del presbiterio della Madonna d’Ongero. Muore, verosimilmente a Carona, nell’inverno tra 1656 e 1657.

Per approfondire

– Bianchi F., Agustoni E., I Casella di Carona, Lugano 2002.
– Aliverti L., Felici A., Nicoli G., L’attività degli stuccatori ticinesi Alessandro Casella e Bernardo Bianchi in Valtellina, in Arte e fede in Valtellina. Sette secoli di storia nella chiesa di San Martino a Castione Andevenno, Sondrio 2019, pp. 119-141.
– Romeri M., Il percorso di Alessandro Casella dalla Valtellina al Valentino, Torino 2022, Fondazione1563.

Firma di Alessandro Casella, presbiterio - ai piedi del profeta David - Santuario della Madonna d'Ongero a Carona (1640)

Firma di Alessandro Casella, chiesa del Carmine, Invorio: “alessan | dro c | asela | charo | na . va | le lug | ano [s] | chu[l]t | or” (1642)

Casella Giovan Battista

Documentato dal 1550 al 1602. Scultore, stuccatore e imprenditore, discende dal ramo dei Casella provenienti da Carona detto «de Annibale». È figlio di Antonio e fratello di Andrea e Bernardo, con i quali collabora in diverse occasioni, come nella sua prima prova nota, il fonte battesimale per la collegiata di Castel San Giovanni, nel piacentino, datato 1550 e realizzato con Bernardo.
Battista è successivamente documentato a Roma, impegnato in cantieri importanti come stuccatore: in palazzo Salviati alla Lungara si occupa probabilmente della modellazione di cornici, modanature ed elementi decorativi, ma riesce ad ottenere anche un ruolo direttivo nel coordinamento delle maestranze. Negli stessi anni collabora al rifacimento di un fregio nella cosiddetta stanza di Enea in palazzo Capodiferro Spada. È ancora al lavoro con il fratello Bernardo nel monastero di Santa Marta, in una serie di opere decorative perdute negli anni Trenta del Novecento. Il successo sulla piazza romana è dimostrato anche dai lavori di abbellimento voluti nella parrocchiale del suo paese d’origine: è sindaco della chiesa di San Giorgio a Carona quando il pittore Domenico Pezzi è coinvolto nella pittura del Giudizio Universale, copia precoce del modello sistino di Michelangelo. Sono verosimilmente realizzati da Battista gli stucchi della cappella alla sinistra del coro, intitolata alla Vergine del Rosario e terminati nel 1591, e quelli della cappella Scala, a destra del coro, non ancora portata a termine nel 1591. Entrambi i complessi sono arricchiti da richiami alla cultura figurativa del manierismo romano che l’artista aveva assimilato lungo la propria carriera.

Per approfondire

– Barchi E., Un antico fonte battesimale di Bernardo e Battista Casella di Val Lugano, in «Archivio Storico Ticinese», Lugano 1960, pp. 123-124.
– Bianchi F., Agustoni E., I Casella di Carona, Lugano 2002, pp. 132-147.
– Quagliaroli S., Colore, stucco, marmo nel Cinquecento. Il percorso di Giulio Mazzoni, Roma 2022, p. 97, n. 56.

Giovan Battista Casella, Telamone in stucco, cappella del Rosario, chiesa parrocchiale dei Santi Giorgio e Andrea, Carona (1591)

Colomba Giovanni Antonio

Giovanni Antonio nasce ad Arogno nel 1585 e si forma con il padre a Brescia, dove realizza le sue prime opere documentate: la decorazione a stucco della cappella delle Santissime Croci nel Duomo vecchio (1602), la navata laterale sinistra nella basilica di Santa Maria delle Grazie e gli stucchi sulla volta della navata centrale (1617).
L’unico lavoro ticinese ben documentato è la decorazione a stucco della volta del presbiterio dell’oratorio di San Nicolao sopra Mendrisio del 1615.
Nel 1625 decora a stucco la cappella della Madonna del Rosario nella chiesa di Santo Stefano ad Arogno. Nella stessa chiesa realizza anche le statue di San Pietro e di San Paolo, l’Annunciazione sulla sommità dell’arco di trionfo, i quattro Dottori della Chiesa nei lunettoni del coro, l’incorniciatura a stucco dei due dipinti sulle pareti laterali del coro (1640) e l’altare della cappella dei Re Magi (1640-1645).
Tra il 1632 e il 1634 lo stuccatore si sposta a Valenza dove realizza, nella collegiata di Santa Maria Maggiore, l’altare del SS.mo Sacramento e quello della Madonna Immacolata.
Successivamente rientra in patria dove lavora in diversi cantieri: nell’oratorio di San Rocco a Bissone dove esegue le statue di San Michele e San Sebastiano (1636-1644); nella parrocchiale di San Pietro a Maroggia, per l’altare maggiore e nelle due cappelle laterali dedicate a San Giovanni Battista e al Rosario (1640 circa); nell’oratorio di San Michele ad Arogno per l’altare con la statua di San Michele (1647) e nella chiesa parrocchiale dei SS. Vitale e Agata di Rovio nella cappella della Madonna.
Sono attribuibili al Colomba anche diverse opere in provincia di Como: nella parrocchiale dei Santi Siro e Margherita a Codogna; nella chiesa della Beata Vergine Maria Assunta a Puria Valsolda e nella chiesa di San Lorenzo a Laino.
Il legame profondo dello stuccatore con il suo paese d’origine, e in particolare con la chiesa di Santo Stefano, è testimoniato dal ruolo di “sindaco di chiesa” ricoperto dal 1640 fino alla morte (Arogno, 30 marzo 1650).

Per approfondire

– Brentani L., Antichi maestri d’arte e di scuola delle terre ticinesi: notizie e documenti, vol. VI, Lugano 1957, pp. 7-57.
– Martinola G., Inventario delle cose d’arte e di antichità del distretto di Mendrisio, Lugano 1975.
– Pedrini Stanga L., I Colomba di Arogno, Lugano 1994.

Firma di Giovanni Antonio Colomba, cappella del Rosario, chiesa di Santo Stefano, Arogno: I. A. C. F. "Ioannes Antonius Colomba Fecit" (1630)

Fontana Baldassarre

Baldasarre Fontana nasce a Chiasso il 26 giugno 1661. Nel 1689 sposa Maria Elisabetta Gilardoni da cui ha quattro figli. Non si conosce quale sia stata la sua formazione artistica. Le opere di Fontana indicano una buona conoscenza dei lavori romani del Bernini e della sua cerchia, ma non vi sono documenti a testimonianza di un suo soggiorno a Roma. La sua prima opera nota è la decorazione di tre interni del castello di Hohenaschau in Baviera (1683 o 1688). In questi anni Fontana inizia la sua attività in Moravia, lavorando per il vescovo di Olomouc, Karl Liechtenstein-Castelcorno. Una delle sue prime opere in questo paese è stata probabilmente la decorazione della chiesa di Stará Voda, realizzata con Matteo Rezzi nel 1688, seguita della cappella del castello Hukvaldy e dalla.cappella di Santa Ottilia, presso la chiesa parrocchiale di Vyškov nel 1692. Nel 1690-1691 riceve il grande incarico di decorare il palazzo vescovile di Kroměříž dove esegue gli stucchi delle sale terrene, del grande salone e di altre otto stanze del piano nobile (1691-1695, ora distrutte), lavorando con suo fratello Francesco (1666-1697) su progetto di Antonín Martin Lublinský. Nel 1693 Fontana (con lo sconosciuto Pakosz Trebeller) esegue la sua prima opera in Polonia: una cappella nella chiesa di Wieliczka (distrutta). Due anni dopo inizia i lavori alla chiesa di S. Anna, durati fino al 1703. Questa è la sua opera più rilevante, realizzata su progetto di Sebastian Piskorski e disegni esecutivi di Jerzy Szymonowicz-Siemiginowski. Grazie al sostegno di Piskorski, Fontana riceve commesse importanti nelle chiese delle Clarisse a Cracovia e a Stary Sącz, e probabilmente per altri edifici a Cracovia, dove esegue gli stucchi nelle chiese dei Domenicani (cappella di San Giacinto), nelle due sedi dei Carmelitani (Scalzi e dell'Antica osservanza), nella piccola chiesa di Ludwinów e nei palazzi Wodzicki, Żydowski e Zaleski, mentre la Confraternita Italiana gli affida la decorazione della cappella nel monastero dei frati minori (1697-1699).
Dopo questo periodo Fontana torna in Moravia, lavorando per il monastero dei premostratensi di Hradisko. Nei 1703-1704 esegue gli stucchi nella biblioteca, creando una delle sue opere più notevoli, nella chiesa (1718-1731), nella sacrestia (1726) e nel refettorio (1727). All'inizio del Settecento Fontana decora anche i castelli Heisler a Uherčice, Berchtold a Police, il palazzo Petřvald a Buchlovice e la chiesa di Podhradní Lhota. Nel 1708 lavora per i francescani, nel refettorio del monastero a Uherské Hradiště e nella cappella della loro chiesa a Olomouc, dove esegue anche il portale della Madonna presso la cattedrale. Nel 1727-1728 decora alcuni interni del monastero dei Canonici a Šternberk. La sua ultima grande commissione arriva dai cistercensi di Velehrad per cui lavora alla chiesa del convento (1724-1730) e al castello dell'abate a Brněnské Ivanovice (1725-1726). Fontana muore il 6 ottobre 1733 a Chiasso. (Michał Kurzej)

Per approfondire

– Karpowicz M., Baldasarre Fontana 1661–1733. Un Berniniano Ticinese in Moravia e Polonia, Lugano 1990.
– Švácha R. , Potůčková M., Kroupa J. (a cura di), Karl Von Lichtenstein-Castelcorno (1624–1695). Places of the Bishop's Memory, Olomouc 2019.
– Kurzej M., Baldassarre Fontana in Cracow, in G. Jean, A. Felici, L. Tedeschi (a cura di), The Art and Industry of Stucco Decoration in Europe from the 16th to the Early 18th Century, Roma 2024 (in corso di stampa).

Baldassarre Fontana, dettaglio della caminiera di Casa Cantoni, Cabbio (fine '600 - inizio '700)

Firma di Baldassarre Fontana, Archivio universitario di Cracovia, chiesa di Sant'Anna (Rkps 318)

Silva Agostino

Agostino Silva nasce a Morbio Inferiore l’11 novembre 1628. Svolge l’apprendistato nella bottega del padre e alla sua morte (dopo il 1643 circa) si trasferisce probabilmente a Roma.
Nel 1651 sposa Margherita Silva, da cui avrà sei figli.
Agostino svolge un’intensa e fortunata carriera, realizza numerosissime decorazioni a stucco, ma anche statue di terracotta e progetti di altari e architetture in Ticino, Lombardia e Centro Italia. Intorno al 1650 decora la cappella dei SS. Pietro e Paolo nel santuario di Santa Maria dei Miracoli di Morbio Inferiore, luogo in cui sarà attivo con continuità sia come artista che come amministratore. Nel 1661 realizza per gli Odescalchi – famiglia a cui sarà sempre molto legato - le decorazioni della loro cappella nella chiesa di San Giovanni Pedemonte, nel 1662-1663 diverse statue commissionate da Alessandro Torriani, dal 1663 al 1665 è documentato nel cantiere del Sacro Monte di Ossuccio, nel 1666 nel duomo di Como ed esegue altri lavori in Ticino.
Tra il 1670 e il 1676 è in Centro Italia: a Spello, Assisi, Foligno e Urbino. Durante questo periodo ritorna regolarmente in patria. Nel 1677 disegna il progetto per la chiesa di Sant’Eusebio a Castel San Pietro e lavora intensamente tra il Ticino e il lago di Como. Tra le opere principali di questi anni si ricordano il presbiterio della parrocchiale di Careno (1683-1684), la cappella della Madonna a Castel San Pietro (terminata nel 1685), la chiesa di San Giuliano a Como (1687), il disegno per il tabernacolo della chiesa di San Lorenzo a Lugano (1689), la cappella dei SS. Francesco e Antonio abate nella parrocchiale di Domaso (1692-1693); contemporaneamente lavora alla parrocchiale di Vercana. Nel 1684 è a Torino dove collabora alle decorazioni a stucco di palazzo Carignano. Nel 1695 e nel 1696 lavora in Bassa Valtellina dove è documentato nella parrocchiale di Civo, poi a Roncaglia, Chiuro e a Chiavenna. Nel 1701 è al Sacro Monte di Varese, dove “ricomoda” le statue eseguite dal padre e l’anno successivo al Sacro Monte di Oropa. Agostino Silva muore a Morbio Inferiore il 6 febbraio 1706. L’intensa attività professionale aveva permesso ad Agostino di accumulare una certa ricchezza e diverse proprietà immobiliari per un valore stimato di quasi 37000 lire.

Per approfondire

– Gavazzi Nizzola S., Magni M., Contributo all’arte barocca ticinese: Agostino Silva da Morbio Inferiore, in «Arte Lombarda» Milano 1974, pp. 110-129.
– Aliverti L., Agostino Silva plasticatore (1628-1706). Il contesto, le opere, i materiali, le tecniche costruttive e la conservazione, tesi di dottorato, Politecnico di Milano, 2008.
– Aliverti L., Felici A., Jean G., L’impresa dei Silva di Morbio, in Nicoletti M. F. e Verde P. C. (a cura di) Pratiche architettoniche a confronto nei cantieri italiani della seconda metà del Cinquecento, Milano 2019, pp. 95-118.

Johann Rudolph Schellenberg, Ritratto di Agostino Silva ('700) (Wikipedia.org)

Firma di Agostino Silva, cappella SS Antonio Abate e Francesco - ai piedi di Santa Apollonia - chiesa di San Bartolomeo, Domaso: "AG. SILVA F(ecit)" (1692)

Dettaglio della data (1692), cappella dei SS Antonio Abate e Francesco - ai piedi di Santa Apollonia - chiesa di San Bartolomeo, Domaso.

Silva Francesco

Capostipite di un’importante famiglia di stuccatori, scultori e architetti di Morbio Inferiore, Francesco Silva opera nella prima metà del Seicento in Italia Centrale, Canton Ticino e Lombardia. La data di nascita dell’artista è incerta, collocabile negli anni Ottanta del Cinquecento.
Dopo una formazione probabilmente romana, è documentato per la prima volta nel 1611 nella basilica della Santa Casa di Loreto dove collabora con il Pomarancio. In questi anni, l’attività di Francesco Silva nello Stato Pontificio è molto intensa. I rari documenti lo identificano come «Francesco Selva milanese» o «de partibus Lombardiae». Tra il 1613 e il 1620 lavora a Foligno, nel duomo di Faenza, nella Cattedrale di San Venanzo a Fabriano e nella cappella di San Giuseppe nella Cattedrale di Nocera Umbra.
Nel 1616 sposa Giovanna Silva, da cui avrà quattro figli. Tra il 1613 e il 1627, partecipa alla decorazione del Santuario dei Miracoli a Morbio Inferiore. Sono a lui attribuiti l’altare della Cappella della Madonna, l’altare maggiore e le statue adiacenti e gli angeli in stucco sugli archi di accesso alle cappelle. Come è stato notato, il “singolare puttino a braccia spalancate posto sui capitelli festonati dell’altare”, è da considerare una sigla dell’artista.
Dal 1604 realizza un centinaio di statue in terracotta in dieci cappelle del Sacro Monte di Varese e altre opere in zone limitrofe. Probabilmente nel 1620 rientra definitivamente in patria. A Villa Coldrerio decora l’oratorio del Carmelo. Nel 1621 esegue le statue per tre cappelle del Sacro Monte di Locarno. Negli anni della maturità lavora in Alto Lario e in Valtellina. È documentato a Vercana (1626), Garzeno e Montagna (1629). Sono riferibili al Silva anche le decorazioni di due caminiere di palazzo Odescalchi a Comoe e le statue delle prime tre cappelle del Sacro Monte di Ossuccio. Tra il 1640 e il 1641 lavora all’Assunzione della Vergine nel transetto destro del Duomo di Como. Non è certa la data di morte dell’artista, avvenuta probabilmente tra il 1643 e il 1651.

Per approfondire

– Colombo S.A., Francesco Silva, in Coppa S. (a cura di), «Il Secondo Cinquecento e il Seicento. Civiltà artistica in Valtellina e Valchiavenna», Bergamo 1998, pp. 264-265.
– Agustoni E., Proserpi I., Il Santuario di Santa Maria dei Miracoli e il suo apparato decorativo, in Santa Maria dei Miracoli Morbio Inferiore. Arte storia messaggio, Morbio Inferiore 2003, pp. 45-84.
– Colombo L. , La produzione in Italia centrale di Francesco Silva stuccatore ticinese, tesi di laurea, Università degli studi di Milano, Facoltà di Lettere e Filosofia, 2002-2003
– Gavazzi Nizzola S., Magni M., Aggiunta al catalogo dei Silva stuccatori Morbiesi. Nuove attribuzioni e considerazioni, in «Archivio Storico Ticinese», Bellinzona 2004, pp. 309-326

Francesco Silva, San Giorgio che uccide il drago, presbiterio, santuario di Santa Maria dei Miracoli, Morbio Inferiore

Silva Gianfrancesco

Gianfrancesco Silva, figlio di Agostino, nasce a Morbio Inferiore il 7 aprile 1660. La formazione romana, che avviene probabilmente nella bottega di Antonio Raggi, è confermata da una lettera di raccomandazione del 1677 di Beatrice Odescalchi. Successivamente opera a Padova e quindi torna a Morbio. Qui inizia una proficua collaborazione con il padre con cui lavora nel presbiterio della Parrocchiale di Careno nel 1683, nella chiesa Parrocchiale di Domaso tra il 1691 e il 1692 e nella Chiesa di Sant’Andrea di Civo nel 1695 ma è probabile che in questi anni sia presente anche in altri cantieri. Nel 1689 firma i quattro medaglioni in terracotta nel coro della chiesa di Santa Maria dei Miracoli di Morbio Inferiore e per somiglianza stilistica possono essere a lui attribuite anche le medaglie di terracotta nell’Oratorio della SS. Trinità di Castel di Sotto (Novazzano). Tra il 1692 e il 1705 realizza gli stucchi dell’oratorio di Sant’Anna a Morbio Superiore. Nei primi anni del Settecento è documentato ancora a Civo, insieme al padre, nella cappella di San Carlo e nel presbiterio della parrocchiale di S. Andrea.
Nel 1700 sposa Maria Porta e, in seconde nozze, Maria Francesca Calvi; da loro ha cinque figli. Le lettere testimoniano una sua presenza irregolare in Ticino. Nel 1722 sono documentati suoi lavori per la cappella privata della villa Odescalchi a Fino Mornasco, dove realizza sia le decorazioni architettoniche che lo stucco figurato. Negli anni successivi sembra che fosse attivo in Boemia e a Colonia. Muore a Bonn nel 1738.
Alla sua mano vengono attribuite le statue nella VII cappella del Sacro Monte di Ossuccio e alcuni stucchi nella parrocchiale di San Siro a Bruzella in Valle di Muggio. Probabilmente lavora anche a Bologna, nelle decorazioni dell’altare del Crocifisso in Santa Maria della Carità (1684) e a Faenza nell’altare di Sant’Anna in Sant’Agostino, opere non più esistenti.

Per approfondire

– Agustoni E., Proserpi I., Decorazioni a stucco del Settecento nel Luganese e nel Mendrisiotto, in «Arte+Architettura in Svizzera», n. 3, Milano 1995, pp. 270-285.
– Bonavita A., Leoni M., Ricerche intorno alle architetture Odescalchi, in Gli Odescalchi a Como e Innocenzo XI. Committenti, artisti, cantieri, Como 2012, pp. 66-147.
– Vanoli P. , Gli Odescalchi a Como: committenze, artisti, collezionismo tra Sei e Settecento, in Gli Odescalchi a Como e Innocenzo XI. Committenti, artisti, cantieri, Como 2012, pp. 21-44

Gianfrancesco Silva, ovale in terracotta sorretto da due puttini, presbiterio, Santuario di Santa Maria dei Miracoli, Morbio Inferiore (1689)

Gianfrancesco Silva, dettaglio dell'ovale in terracotta, data indicata "1689", presbiterio, Santuario di Santa Maria dei Miracoli, Morbio Inferiore (1689)